Ronan è un ex galeotto pentito, un uomo dal passato fosco e dalla vita tribolata, arruolatosi in polizia per mettere un punto definitivo ai suoi turbolenti trascorsi. Durante una rocambolesca indagine avviene l’irreparabile: una violenta colluttazione con un malvivente incappucciato finisce nel peggiore dei modi, e Ronan vola via del terzo piano di un appartamento schiantandosi sull’asfalto, ridotto ormai in fin di vita. L’assassino scende giù e gli spara sette colpi a bruciapelo, uccidendolo, ma il protagonista non si rende conto di essere morto fin quando non vede il suo cadavere inerme attraverso gli occhi del fantasma che è diventato. “Perché sono stato ucciso in questo modo?”, si chiede Ronan. “Chi è l’assassino?”. Da quel momento in poi, il detective rimane in una sorta di limbo da dove può indagare sulle ragioni del suo omicidio, in una Salem storicamente molto accurata e ricca di riferimenti agli atti persecutori verso le streghe, avvenuti alla fine del ‘600. Nonostante l’affermazione della modernità nell’ambientazione di gioco sia fin da subito palese, la Salem di Murdered: Soul Suspect subisce pesantemente il proprio passato fatto di superstizioni, immoralità e ingiustizie, piegandosi a quella profonda influenza del sovrannaturale che si insinua nel tessuto della trama sin dalle prime battute. In questo senso, la struttura narrativa si adagia molto sulle oscure suggestioni dell’epoca, cercando al contempo di proporre tutta la logica investigativa tipica dei thriller. L’avanzamento della storia è molto graduale, ben soppesato e scandito da ritmi che sembrano più affini a un buon libro giallo o a un film che lascia tutti in sospeso fino alla rivelazione finale. Partendo dalla ricerca di indizi sul proprio assassinio, infatti, Ronan incapperà in qualcosa di molto più complesso e articolato, ossia su una serie di strani delitti riconducibili alla figura del cosiddetto “killer della campana”. Si tratta di un maniaco che uccide le proprie vittime scegliendole tra le adolescenti, e che marchia la scena del crimine con uno strano simbolo usato durante la caccia alle streghe. Ricostruire gli eventi e avvicinarsi alla verità è per Ronan uno di quegli obblighi al quale non può sottrarsi, e mentre la situazione si complica e la trama si infittisce, emergono dettagli sulla vita personale del protagonista, rimasto tragicamente da solo al mondo e costretto a lottare per la verità anche da morto. Pad alla mano, le indagini si svolgono tutte all’interno di alcune aree circoscritte entro cui bisogna necessariamente trovare gli indizi giusti che permettono di far avanzare la storia. Senza di questi, non si va davvero da nessuna parte e il titolo non permette al giocatore di essere creativo né tantomeno di sbrigare altre faccende, che nella fattispecie si riassumono in missioni secondarie che aumentano la durata totale del gioco.
Il cuore pulsante di Murdered: Soul Suspect, tuttavia, rimane l’investigazione. Raggiunta la scena del delitto dovremo sostanzialmente trovare tutti gli indizi, talvolta condizionando anche i testimoni e gli agenti nei paraggi. Ronan dedurrà rapidamente ciò che è accaduto, arrivando a decifrare con certezza una dinamica sconosciuta semplicemente analizzando un reperto e archiviandolo. Non sempre è obbligatorio trovarli tutti, ma molto spesso, quelli più determinanti sono meglio nascosti, e girare a vuoto da una parte all’altra è una di quelle situazioni che capiterà di frequente. L’indagine viene conclusa quando si selezioneranno gli indizi schiaccianti che vanno a costituire inequivocabilmente una prova, e sbagliare non porterà praticamente a nessuna conseguenza. Non ci sono effettivi bivi narrativi, ma solo degli errori che abbassano la valutazione finale. Una volta fallito l’obiettivo del punteggio massimo, potrete riprovare fin quando non azzeccherete la giusta sequenza, il che è abbastanza semplice, soprattutto se considerate che la vostra logica stringente è certamente superiore a qualsiasi elemento di distrazione buttato in mezzo alla mischia. Tecnicamente, Murdered subisce non poco le limitazioni dello sviluppo cross-gen, presentando spesso degli scenari poco pregni e una realizzazione globale talvolta altalenante e non al top. L’unico motivo per cui rimarrete incollati allo schermo, sarà la voglia di scoprire come andrà a finire tutta la faccenda e chi è davvero l’assassino. E stavolta, diversamente dai thriller più telefonati di sempre, la rivelazione finale vi lascerà piuttosto sorpresi.
Valutazione: 7.5/10