La struttura dell’opera di Supermassive Games non lascia spazio a dubbi: Until Dawn appartiene allo stesso filone di Heavy Rain e Beyond: Due Anime, offre una libertà illusoria convogliata in binari ramificati, tanti quick time event, pochi elementi dello scenario con cui interagire e scelte multiple che influiscono più o meno pesantemente sugli sviluppi di gioco immediati e futuri. Supermassive Games ha avuto dall’inizio alla fine la chiara intenzione di costruire il più classico dei teen horror, che non basa il suo terrore sulla sensazione di angoscia comunicata da ambienti oppressivi e malsani, ma su una sequela di scarejump continui, talvolta buoni, altre volte un po’ scontati.
Gli elementi sono tra i più classici del genere: otto amici si ritrovano in una baita in montagna, un anno dopo la misteriosa morte di due ragazze del gruppo; nei pressi della zona c’è un terreno appartenuto ai Nativi Americani; uno psicopatico mascherato minaccia l’integrità dei ragazzi; nel circondario ci sono torbidi segreti che verranno lentamente a galla e non mancano nemmeno alcuni elementi mitologico-sovrannaturali a condire la trama. La verità è che riuscire a salvarli tutti non sarà in ogni caso una passeggiata, soprattutto durante la prima partita. In fondo l’obiettivo è esattamente questo: sopravvivere fino all’alba mantenendo in vita tutti i personaggi, raggiungendo così uno dei finali migliori.
Il cosiddetto butterfly effect è probabilmente la caratteristica migliore di Until Dawn: dà più dinamismo alla storia, influisce in modo decisivo sul destino degli otto personaggi e regola anche le loro relazioni interpersonali, influendo su sentimenti di rivalità e fiducia e sui diversi gradi di affinità.
Gli eventi che generano un effetto farfalla sono sempre puntualmente segnalati su schermo, ma non saprete mai quale sarà il peso effettivo delle vostre azioni. C’è un sostanziale equilibrio tra le scelte ponderate e quelle istintive, e non è affatto semplice capire preventivamente quale sia la logica che regola la consequenzialità di certe azioni.
Un altro aspetto importante di Until Dawn è la funzionalità dei totem sparsi lungo gli ambienti. Ce ne sono di cinque tipi (morte, guida, perdita, pericolo, fortuna) e ciascuno di essi predice un possibile evento futuro sotto forma di premonizione, che può avverarsi o meno a seconda della condotta di gioco. Solo trovandoli tutti otterrete il video completo che mostra gli eventi del passato, altrimenti potrete visionare un filmato composto da spezzoni che non vi faranno comprendere fino in fondo quale sia l’origine di tutto.
La struttura di gioco è dunque chiara: ci si muove lungo ambientazioni quasi sempre al chiuso, si esplorano le aree alla ricerca di indizi e totem, si prendono decisioni tutte le volte che il gioco vi chiede di farlo e si affrontano le scene d’azione azzeccando i quick time event o – al limite – prendendo la mira durante una scena rallentata e sparando prima che scada il tempo. La gestione dei QTE è tuttavia un po’ controversa. Potrete dare il massimo per fare le scelte ideali e mantenere così in vita i personaggi, potrete curare i rapporti interpersonali senza creare attriti, ma fate anche un solo errore in determinate scene cruciali e uno dei personaggi morirà.
Complessivamente Until Dawn è una gradevole sorpresa, un teen horror ben orchestrato che sa come tenere sulle spine il giocatore, lasciando nelle sue mani grandi responsabilità. La prova di Hayden Panettiere è ottima, mentre quella di alcuni attori è un po’ più nella media, quando non addirittura appena accettabile. Peter Stormare nei panni dello psichiatra è semplicemente perfetto, anche se talvolta le sua mimica facciale è un po’ troppo caricata e teatrale.
Valutazione: 8/10