Call of Juarez abbandona Los Angeles e i cartelli della droga in maniera definitiva per tornare nuovamente nel Far West, ambientazione cui si deve la fama della serie e il successo ottenuto dai primi due eccellenti episodi. Siamo nel 1910 e Silas Greaves, cacciatore di taglie veterano, irrompe in uno dei tanti saloon del Kansas. Il suo nome è noto, la sua leggenda lo precede e non ci vuole molto prima che uno degli astanti, esaltato dall’incontro, gli offra da bere in cambio del racconto di una delle sue tante avventure. Silas ne ha a decine di storie da raccontare, ne ha viste veramente tante e il fumo che si alza dal posacenere crea l’atmosfera perfetta per calmare gli animi e predisporli a una lunga chiacchierata, la birra e le emozioni faranno il resto. E’ così dunque che il tutto prende vita, e all’istante ci troveremo a essere gli inconsapevoli protagonisti delle avventure di Silas: mentre le sue parole da narratore continueranno incessanti a riecheggiare nell’aria, davanti a noi si paleseranno decine di cowboy e banditi pronti a trasformarci in uno scolapasta. Lo Story mode ci accompagnerà in un percorso lungo trent’anni, dal primo incontro con Billy The Kid fino ad andare a incrociare la strada con i più pericolosi banditi e sceriffi del vecchio west: i fratelli Dalton, Pat Garret e Jesse James saranno ovviamente presenti, e tantissimi altri faranno la loro comparsa in una trama che uscirà spesso dai binari, viaggiando sulle fantasticherie di un Silas sempre più ubriaco al bar, capace di influenzare con la narrazione in maniera evidente anche il gameplay. E’ presente la possibilità per il nostro cacciatore di taglie di modificare in tempo reale quanto sta accadendo a schermo, capiterà ad esempio di arrivare in una zona senza vie di uscita e, mentre cercate disperatamente un passaggio tra le rocce, il vecchio Silas si ricorderà improvvisamente dove questo era esattamente, facendo comparire dal nulla voragini, scale o spostando addirittura intere montagne per riallineare la storia ai suoi racconti. Più classiche invece le meccaniche di puro shooting che ci danno la possibilità di imbracciare un’arma a due mani, una a una mano o due pistole in dual wield, e lanciare in caso di necessità esplosivi ai nemici. Non pensate tuttavia che arrivare in fondo ai quattordici livelli della campagna sia una passeggiata, poiché i cowboy hanno una buona mira e i loro danni sono elevati già a difficoltà normal. Per i veri ossi duri sarà comunque possibile sia giocare in modalità difficile sia in True West, dove la quantità dei nemici aumenterà esponenzialmente e questi diverranno ancora più pericolosi. Procedendo piuttosto spediti verso la fine degli stage ci vorranno circa sei ore a portare a termine la campagna, che potrebbero arrivare a una decina scarsa se ci si metterà a frugare ogni singolo angolo in cerca dei numerosi collezionabili: miniracconti che approfondiranno la storia dei vari protagonisti, comunicheranno informazioni sulle armi e su alcuni degli eventi più indicativi accaduti nel vecchio west. Dal punto di vista tecnico Gunslinger non fa certo gridare al miracolo per quantità di poligoni o qualità delle animazioni, eppure l’idea avuta da Techland di arricchire il design con una grafica cel shading è la mossa più azzeccata che si potesse fare. Ottima anche la fisica dei colpi e la reazione agli impatti dei nemici feriti. Colpiteli a una spalla e li vedrete contorcersi tenendosi il braccio prima di cadere esanimi a terra. lodevole poi la colonna sonora, con musiche in puro stile western incredibilmente riuscite. Peccato invece per le voci dei nemici che spesso vanno ad accavallarsi alla voce narrante di Silas, confondendo il giocatore. Ultima nota negativa infine per il doppiaggio, solo in inglese, che potrebbe rendere difficoltoso seguire la storia per coloro non avvezzi alla lingua di Albione.
Valutazione: 8/10